Questo racconto sta per compiere dieci anni; lo scrissi nell'estate del 2002 di ritorno da un viaggio in Sardegna, terra splendida e affascinante quando non contaminata dal turismo di massa cafone e irrispettoso. Si parla di speranza e passione anche qui: speranza nell'amore (di e per una donna) e passione per la scrittura. Buona lettura.
A CALDO
Il treno avanzava lento e annoiato lungo la costa toscana
verso casa. Lorenzo guardava fuori, con la testa appoggiata al vetro polveroso,
la natura rigogliosa scorreva davanti ai suoi occhi verdi e sottili.
Che bello
viaggiare, pensava, che bello filare via senza meta, per il semplice gusto di
andare. La vita è una lunga strada, che senso ha osservarla da una poltrona?
Ma ancor più del posto, Lorenzo era rimasto
incantato da Eleonora, splendida quarantenne che lo aveva ospitato a Cagliari
per valutare la realizzazione di un ambizioso progetto letterario essendo a
capo di una importante casa editrice.
Rientrava a Bologna con in mano un
importante contratto per la stesura di un romanzo e con qualcosa di più
indefinibile, una ricchezza luminosa aggiunta al suo cuore. Pensava
malinconicamente che una volta giunto a casa, dopo aver conosciuto Eleonora, le
persone che facevano parte e che avrebbero fatto parte del suo ambiente, coloro
che lo circondavano, gli sarebbero sembrate più insipide.
All’andata si era imbarcato da
Civitavecchia; sarebbe rimasto a Cagliari una settimana per discutere del
romanzo e del contratto. Si era portato appresso due libri, “Belli e dannati” e
“Viaggio al termine della notte”, anche se sapeva benissimo che mai e poi mai
sarebbe riuscito a leggere. Lo considerava un suo grande difetto, ma quando era
in viaggio non riusciva né a leggere né a scrivere; era troppo impegnato a
leggere i nuovi mondi che lo accoglievano, anestetizzando per il momento la
spinta creativa e la capacità di concentrazione sulle parole scritte. Gli
sarebbe piaciuto leggere almeno qualche pagina di Celine visto che erano mesi
che cercava la predisposizione giusta per quel libro, invece nulla, ancora un
tentativo andato a vuoto.
Il treno si fermò alla stazione di
Grosseto. Salì una donna anziana, una tipa eccentrica con un vestito di seta
marrone alquanto demodé ed i lunghi capelli bianchi qua e là ridicolizzati da
posticce ciocche cremisi. Si mise a sedere di fronte a Lorenzo, estrasse dalla
borsetta anni Ottanta un libro di Kahlil Gibran e si immerse profondamente
nella lettura. Il giovane immaginò la donna una vecchia artista, forse una
pittrice, una creatura balzana dalla grande solitudine che traspariva da un
volto segnato dalle rughe e dall’emarginazione, emarginazione che ammanta
l’esistenza di chi possiede una natura creativa.
Scacciò il triste pensiero arrecatogli
dalla signora e si abbandonò al ricordo di Eleonora. Dopo tre giorni di
discussioni, approfondimenti, sguardi ammiccanti e sorrisi ingenui, si erano
ritrovati a casa dell’editrice a fare l’amore. Disteso sul letto Lorenzo era
incredulo; accanto aveva una donna che sin dal loro primo incontro gli aveva
trasmesso un’energia particolare, misteriosa. Si erano amati altre volte nei
giorni seguenti, in un climax passionale che li avrebbe portati alle soglie del
paradiso se solo avessero potuto godere della compagnia reciproca per più
tempo. Le loro anime erano entrate in simbiosi all’unisono con i loro corpi. I
quindici anni che dividevano il giovane Lorenzo da Eleonora si azzeravano
riportando il tempo, lo spazio, le emozioni e gli istinti ad uno stato
primordiale di purezza assoluta.
Era certo che non perché era stato amante
di Eleonora era riuscito a firmare il contratto per il libro, però di tanto in
tanto affiorava dall’inconscio la tormentosa possibilità che se tra loro due
non fosse nata quella complicità affettiva e sessuale, ora sarebbe stato lì su
quel treno senza progetti letterari da realizzare per l’imminente futuro.
“Scusi, mi sa dire che ore sono?” chiese la
stravagante signora che gli stava di fronte.
“Le sei e cinque” rispose Lorenzo.
Tra circa tre ore sarebbe arrivato a
Bologna. Eleonora sarebbe rimasta lontana eppure eternamente dentro di lui.
Finalmente avrebbe risolto, con quella firma in calce al contratto, molti dei
suoi problemi economici. Era sereno, rilassato, confortato e refrigerato dal
ricordo, anche se in un torrido giorno di fine giugno su quel treno faceva un
caldo soffocante. Assaporava il gusto delle emozioni violente, emozioni a
caldo, emozioni che il tempo non avrebbe mai raffreddato. Chiuse gli occhi e
seppe. Seppe che in futuro avrebbe scritto grandi cose.
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