lunedì 1 ottobre 2012

UN FERRAGOSTO DA INCUBO


 Quando si dice "la fortuna è cieca ma la sfiga ci vede benissimo". Giovedì 14 agosto io e il mio amico Petru partiamo per fare una serata a Rimini, non valutando (ingenui!) che Rimini a ferragosto è peggio della Mecca invasa dai pellegrini durante il ramadan. Arrivati a destinazione cerchiamo un parcheggio tra le stradine intasate del lungomare e dintorni. Imboccato un viottolo tipo quartieri spagnoli di Napoli, ci troviamo di fronte un macchinone pieno di russi dall'aspetto poco raccomandabile. Io e l'amico dopo esserci scambiati uno sguardo breve ma eloquente, decidiamo che è meglio non sindacare, anche perché basta fare cinque metri in retromarcia per infilarci in un'altra viuzza. Faccio così. Ma mentre cerco di infilarmi un grido squarcia il cicaleccio dei turisti ancora in pausa digestivo davanti agli hotel: "Fermooooooooooo!" E' Petru che con la sua voce quasi copre il lugubre "scrrrrrrrrrrrrrrrrrrch" che proviene dal lato destro della Golf del papi. Faccio altre tre o quattro manovre e mi infilo nella stradina, parcheggio e scendo a controllare l'entità del danno, mentre un vecchietto se la prende con le macchine che erano parcheggiate in divieto di sosta e che a parer suo sono responsabili del danno alla mia macchina. "Chiami i vigili e facci dare la colpa a questi sgraziati!" dice. "No guardi, lasci perdere, qui la colpa è solo mia" rispondo mentre grondo litri di sudore già pensando ai 700 - 1000 eurini che mi chiederà il carrozzaio e soprattutto alla reazione del papi, appena reduce dalla distruzione (sempre da parte mia) dello specchietto retrovisore della Golf. Chiosa: se vi state chiedendo se non so guidare... so guidare benissimo! Trattasi di coincidenze. Dicevamo: appurato il danno mi rimetto in macchina cercando di non pensarci. Non è facile, ma i due mojito scolati durante la festa cubana sulla spiaggia (dopo altre mille peripezie per trovare un parcheggio) mi aiutano molto. Verso le due decidiamo di rientrare. Ci avviamo su viale Regina Elena e dopo aver percorso almeno due chilometri come zombie metropolitani, a Petru sorge un dubbio: "Mone, siamo sicuri di non aver già passato la via dove abbiamo parcheggiato?" "Sai che mi sa che hai ragione" replico frastornato dalla probabile veridicità delle sue parole. "E se l'abbiamo passata, l'abbiamo passata da un pezzo." Torniamo indietro e dopo un chilometro comincio ad avere visioni fantozziane di arcangeli che suonano trombe di falloppio e megadirettori galattici che cercano di assumermi in catena di montaggio. Ad un'ora imprecisata del mattino, più prossima alle quattro che alle tre, troviamo la Golf. Qualche ubriaco ha vomitato sul cofano, ma nel mio stato allucinatorio non me ne può fregare di meno. Cerco le chiavi e rovistando nel borsello, noto con sgomento di aver perso la mia agendina. Quella sì che è una notizia traumatica, ancor più della vomitata e del danno alla macchina. Vi avevo annotato idee, aforismi da utilizzare nei miei racconti, le perle di saggezza rubate qua e là. Ma soprattutto i numeri dei miei pazienti... "Pazienza!" mi fa Petru, ma non sa il valore che ha per me quell'agendina. "Pazienza" dico io cercando di autoconvincermi che morta un'agenda se ne fa un'altra. Comunque sia ci mettiamo in marcia, ma al primo autogrill ci fermiamo a fare un riposino, visto che siamo entrambi stravolti dalla "lunga marcia". Alle sette di mattina, come i guerrieri della notte di ritorno a Coney Island dopo una notte di battaglie, scarico Petru davanti casa sua e torno sperando di non trovare mio padre già alzato. Prontamente lo trovo che sta uscendo a comprare il giornale. "Cazzo" penso, "non potrebbe dormire un po' di più almeno quando è festa?!" "Tutto bene?" chiede, passando accanto al lato scassato del Golf. "Tutto bene" rispondo sudando le ultime gocce di sudore rimastomi in corpo. Papà passa senza accorgersi di nulla, così posso parcheggiare in garage e infilarmi direttamente a letto. Mentre spengo la luce mi dico che domani (oggi) appena sveglio valuterò il modo migliore per dargli la notizia. Alle undici e mezza, dopo neanche quattro ore di sonno, sento suonare il campanello: sono arrivati tutti i parenti per il pranzo di ferragosto a casa nostra. A me scoppia la testa, ma non riesco a riaddormentarmi con il pensiero di come affrontare il papi, ma soprattutto per aver perso l'agendina. A mezzogiorno e mezzo scendo in giardino e subito mio zio mi offre un bicchierone di sangria per colazione. Lo scolo e... Oggesù, ho un'illuminazione. "Hei Pa'" dico, "senti com'è buona questa sangria." Papà, che non è un gran bevitore, la assaggia. Per fortuna gli piace, così con la scusa di qualche brindisi improvvisato gliene verso un altro bicchiere. Al terzo mi decido: "Senti Pa', ti devo fare una confessione: ho distrutto la fiancata della Golf!" "Cus'et fàt?" dice lui. Senza aggiungere altro va a controllare e quando torna, per nulla incacchiato, riempie il bicchiere dei presenti di sangria e in tono solenne annuncia: "Un brindisi a Simone, che deve trovarsi un lavoro per i prossimi due mesi per ripagare i danni alla macchina!" Si alza un coro di "prosit" e qualche risata. Io carburo ancora un po' tanto per farmi passare il mal di testa, poi vengo preso d'assalto da nipotini, nipotine e bimbi vari (qualcuno manco so chi sia) che come sempre mi prendono in mezzo "a forza" nei loro giochi. Alle cinque di pomeriggio, letteralmente esausto, mi ritiro in bagno a farmi una vasca rilassante. Disteso nella schiuma e coccolato dal tepore dell'acqua, con un birrino in mano e "cippi" nell'altra, penso: "L'incubo è finito. Dai, poteva andare peggio!"

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