Il brano che segue doveva essere l'incipit di un racconto-romanzo su un cuoco assassino, almeno così mi sembra di ricordare. L'ispirazione, già non ai massimi, mi ha accompagnato giusto il tempo di scrivere queste righe. Però, rileggendole, posso ora dire che sono state i prodromi della nascita di Mondemer, l'opera che ho scritto subito dopo e che vedrà la luce con la pubblicazione tra qualche mese. Inizio dunque il 2012 postando questo breve inedito che vi introdurrà, molto indirettamente, nel fantastico mondo di Mondemer.
MONGO (capitolo primo)
A trentatrè anni ho sempre
pensato che sarei morto. Probabilmente l’idea aveva iniziato ad assumere una
forma larvale durante le ore trascorse al catechismo da bambino e nel tempo si
era via via consolidata nel mio inconscio sino a divenire certezza. La storia
del figlio di Dio sceso tra gli uomini per salvare l’umanità mi affascinava,
anche se nemmeno allora ci credevo troppo; c’era qualcosa che puzzava
nell’abusata parola “fede” che i catechisti adoperavano per spiegare, o evitare
di spiegare, perché la nostra religione era quella originale mentre le altre
erano patacche. Bisogna avere fede, dicevano, ma io di un qualcosa che non è
dimostrabile o non viene dal cuore non me ne sono mai fatto niente. E quel Gesù
non mi convinceva proprio, però pensare che un dio, quale che fosse, avesse
mandato sulla terra un suo rappresentante per salvarci mi faceva viaggiare con
la mente. E se fossi io il figlio di Dio?, mi dicevo. Dopotutto ci insegnano
che siamo tutti figli di Dio! Beh, se fossi un Gesù moderno non credo proprio,
pensavo allora come oggi, che salverei gli esseri umani. Quei pochi meritevoli
sì, ma tutto il resto… Vabbè, forse sto divagando: quali che fossero le mille
elucubrazioni che nascevano dietro al banco di catechismo, mi ero autoconvinto
che a trentatrè anni sarei morto, come Jesus.
Perché come chiunque, anch’io potevo
essere Jesus.
Invece a trentatrè anni ho cominciato a vivere. Buffa la vita,
soprattutto per chi sa coglierne gli aspetti beffardi e non si lascia
travolgere dalla sua spietatezza. A trentatrè anni, ho capito che era ora di
far fruttare la ricchezza interiore che avevo accumulato fino a quel momento. A
trentatrè anni, ho capito di avere due talenti che stavo facendo evaporare
senza coglierne i frutti: scrivere e cucinare. Nel primo caso, lo avevo fatto
saltuariamente fino a quel momento, scrivendo racconti e testi teatrali per un
amico regista. Inoltre avevo pubblicato quattro libri, ma di questi e della
loro particolarità vi parlerò più avanti.
Nel secondo caso, posso parlare di vera e propria passione e perfino di
genio anche se rischio di apparire presuntuoso: mia mamma e mio padre erano
cuoca e sommelier in un noto ristorante di Bologna di loro proprietà e da buon
figlio d’arte avevo appreso i segreti culinari sin da piccolo. Passavo interi
pomeriggi a osservare la maestria di mia mamma nella cucina del “Tutrlèn”;
quante ore passate a giocare con pezzetti di sfoglia e rimanenze di sughi con i
quali mi sbizzarrivo a inventare nuovi piatti! Da grande avevo poi fatto una
scuola alberghiera a Rimini e una volta diplomato ero tornato a casa a lavorare
al “Turtlèn”.
Nel 1999 nel giro di due mesi un incendio aveva distrutto il ristorante
e mamma si era ammalata di cancro ai polmoni. Papà non aveva retto lo shock e
non era riuscito a rimboccarsi le maniche per far ripartire il “suo”
ristorante. Era andato in pensione e aveva accudito mamma sino alla morte,
avvenuta il giorno di Santo Stefano del 2000. Io ero un cuoco molto richiesto e
trovai presto lavoro in un altro noto ristorante di Bologna, il “Regina Elena”,
ma non lavoravo più con l’entusiasmo che mi portava a creare piatti e ricette
deliziosi, gli stessi che avevano reso unico il “Turtlèn”. Qualcosa si era
addormentato dentro me, ma mantenevo sempre vivo il sogno di riaprire un
ristorante tutto mio, magari al Paesello. Avevo anche un altro sogno:
realizzare l’ingrediente perfetto,
quello che avrebbe reso ogni mio piatto un’opera d’arte. Era quasi un proposito
da scienziato pazzo o da alchimista, ma un giorno ebbi l’illuminazione che
cercavo e da quel momento la mia vita ebbe un nuovo obiettivo, che si
concretizzò appunto nel 2008, nel corso del mio trentatreesimo anno di vita,
con l’apertura del mio ristorante…
Scrivere, cucinare e, aggiungo, amare sono i tre ingredienti che
amalgamati nel modo giusto, sono risultati il segreto del successo di Mongo
Monesi, lo chef che vincerebbe il Premio Nobel per la Cucina, se solo
esistesse…
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