lunedì 2 gennaio 2012

INCIPIT

Il brano che segue doveva essere l'incipit di un racconto-romanzo su un cuoco assassino, almeno così mi sembra di ricordare. L'ispirazione, già non ai massimi, mi ha accompagnato giusto il tempo di scrivere queste righe. Però, rileggendole, posso ora dire che sono state i prodromi della nascita di Mondemer, l'opera che ho scritto subito dopo e che vedrà la luce con la pubblicazione tra qualche mese. Inizio dunque il 2012 postando questo breve inedito che vi introdurrà, molto indirettamente, nel fantastico mondo di Mondemer.

MONGO (capitolo primo) 

A trentatrè anni ho sempre pensato che sarei morto. Probabilmente l’idea aveva iniziato ad assumere una forma larvale durante le ore trascorse al catechismo da bambino e nel tempo si era via via consolidata nel mio inconscio sino a divenire certezza. La storia del figlio di Dio sceso tra gli uomini per salvare l’umanità mi affascinava, anche se nemmeno allora ci credevo troppo; c’era qualcosa che puzzava nell’abusata parola “fede” che i catechisti adoperavano per spiegare, o evitare di spiegare, perché la nostra religione era quella originale mentre le altre erano patacche. Bisogna avere fede, dicevano, ma io di un qualcosa che non è dimostrabile o non viene dal cuore non me ne sono mai fatto niente. E quel Gesù non mi convinceva proprio, però pensare che un dio, quale che fosse, avesse mandato sulla terra un suo rappresentante per salvarci mi faceva viaggiare con la mente. E se fossi io il figlio di Dio?, mi dicevo. Dopotutto ci insegnano che siamo tutti figli di Dio! Beh, se fossi un Gesù moderno non credo proprio, pensavo allora come oggi, che salverei gli esseri umani. Quei pochi meritevoli sì, ma tutto il resto… Vabbè, forse sto divagando: quali che fossero le mille elucubrazioni che nascevano dietro al banco di catechismo, mi ero autoconvinto che a trentatrè anni sarei morto, come Jesus. Perché come chiunque, anch’io potevo essere Jesus.
   Invece a trentatrè anni ho cominciato a vivere. Buffa la vita, soprattutto per chi sa coglierne gli aspetti beffardi e non si lascia travolgere dalla sua spietatezza. A trentatrè anni, ho capito che era ora di far fruttare la ricchezza interiore che avevo accumulato fino a quel momento. A trentatrè anni, ho capito di avere due talenti che stavo facendo evaporare senza coglierne i frutti: scrivere e cucinare. Nel primo caso, lo avevo fatto saltuariamente fino a quel momento, scrivendo racconti e testi teatrali per un amico regista. Inoltre avevo pubblicato quattro libri, ma di questi e della loro particolarità vi parlerò più avanti.  Nel secondo caso, posso parlare di vera e propria passione e perfino di genio anche se rischio di apparire presuntuoso: mia mamma e mio padre erano cuoca e sommelier in un noto ristorante di Bologna di loro proprietà e da buon figlio d’arte avevo appreso i segreti culinari sin da piccolo. Passavo interi pomeriggi a osservare la maestria di mia mamma nella cucina del “Tutrlèn”; quante ore passate a giocare con pezzetti di sfoglia e rimanenze di sughi con i quali mi sbizzarrivo a inventare nuovi piatti! Da grande avevo poi fatto una scuola alberghiera a Rimini e una volta diplomato ero tornato a casa a lavorare al “Turtlèn”. 
   Nel 1999 nel giro di due mesi un incendio aveva distrutto il ristorante e mamma si era ammalata di cancro ai polmoni. Papà non aveva retto lo shock e non era riuscito a rimboccarsi le maniche per far ripartire il “suo” ristorante. Era andato in pensione e aveva accudito mamma sino alla morte, avvenuta il giorno di Santo Stefano del 2000. Io ero un cuoco molto richiesto e trovai presto lavoro in un altro noto ristorante di Bologna, il “Regina Elena”, ma non lavoravo più con l’entusiasmo che mi portava a creare piatti e ricette deliziosi, gli stessi che avevano reso unico il “Turtlèn”. Qualcosa si era addormentato dentro me, ma mantenevo sempre vivo il sogno di riaprire un ristorante tutto mio, magari al Paesello. Avevo anche un altro sogno: realizzare l’ingrediente perfetto, quello che avrebbe reso ogni mio piatto un’opera d’arte. Era quasi un proposito da scienziato pazzo o da alchimista, ma un giorno ebbi l’illuminazione che cercavo e da quel momento la mia vita ebbe un nuovo obiettivo, che si concretizzò appunto nel 2008, nel corso del mio trentatreesimo anno di vita, con l’apertura del mio ristorante…
   Scrivere, cucinare e, aggiungo, amare sono i tre ingredienti che amalgamati nel modo giusto, sono risultati il segreto del successo di Mongo Monesi, lo chef che vincerebbe il Premio Nobel per la Cucina, se solo esistesse…


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