Continuo a rileggere i miei vecchi racconti per ri-postarli su questo nuovo blog e mi rendo conto di quanto siano lontani dall'uomo e dallo scrittore (stilisticamente parlando) che sono ora. Mi era venuta quasi voglia di lasciar perdere e tenere quegli scritti solo nell'archivio del mio pc e nel cassetto della scrivania, poi mi sono detto che in fondo quelle storie (che vanno più o meno dalla fine degli anni Novanta alla metà del primo decennio del Duemila) rappresentano un diario del mio percorso di maturazione letteraria nonché spirituale. Anche se molti di essi non mi piacciono e non mi appartengono più, li lascio ai posteri per le loro "sentenze" se mai un giorno qualcuno si interesserà del Dottore.
Era un tipo strano Corto Cometa, uno di quei personaggi
che non hanno nulla a che fare con questo mondo pieno di regole, tabù e clichè.
Non era un ragazzo cattivo, ma possedeva quella schiettezza capace di lasciarti
secco tanto era genuina. Non si può certo dire che fosse bello, però, forte di
un carisma e di un fascino ipnotici, riusciva sempre ad accalappiarsi le
ragazze più carine della scuola. Viveva a Ferrara e frequentava con discreti
risultati un liceo linguistico della città estense; considerava la scuola come
una quasi inutile ma divertente perdita di tempo e trascorreva le ore libere
con quello che riteneva il suo unico vizio privo di effetti collaterali: la
lettura. Amava leggere qualsiasi genere, dal romanzo classico a quello giallo,
dal saggio di psicologia al racconto agiografico, e ogni tanto si dilettava
anche nello scrivere poesie. D’altro canto, i suoi vizi dagli effetti
collaterali, come lui stesso li definiva, erano diversi e tutti certamente poco
salubri dal punto di vista fisico: fumava due pacchetti di Marlboro al giorno,
beveva birra in quantità industriali e non disdegnava neppure le droghe. I suoi
coetanei guardavano Corto con un misto di ammirazione e invidia; i suoi
atteggiamenti, le sue “imprese” e le innumerevoli stravaganze lo avevano
assurto agli occhi della classe (e non solo) a Idolo Cittadino. Si racconta che
a quindici anni si fosse scopato la professoressa di Inglese e quella di
Francese nello stesso giorno, lui, la Stella Cometa (come lo avevano soprannominato
molti suoi compagni), amante del piercing e dei tatuaggi, si era fatto incidere
– appena tredicenne – le parole “La risposta soffia nel vento” sull’avambraccio
sinistro. Non confidò mai a nessuno cosa volesse dire quella frase, ma gli
avvenimenti che seguirono nella sua vita trovarono in quella “risposta” una
clamorosa profezia. Era ben conscio il Cometa della stima che nutrivano nei
suoi confronti amici e meno amici; quel paffuto ragazzino dalla battuta sempre
pronta sapeva mostrarsi in pubblico con grande sicurezza e proprietà di
linguaggio. Chi lo conosceva bene affermava, non senza un filo di retorica, che
Corto “non aveva paura neanche del diavolo”, ma questa era solo apparenza
perché il giovane due grosse fobie le aveva: una era la paura di diventare
vecchio e di perdere il rispetto della gente; l’altra era il terrore di morire,
morire senza avere trovato… la risposta.
Fu verso i
diciotto anni che la sua vita ebbe una drastica svolta. Già da un po’ di tempo
Corto veniva sempre più gradualmente emarginato dagli amici per via della sua troppo marcata diversità.
Certo, finchè era stato l’unico a possedere una personalità ben definita, anche
se molto bizzarra e controcorrente, era stimato e visto da tutti come un eroe,
negativamente trasgressivo ma pur sempre un eroe. Ora che una certa personalità
“di massa” l’avevano assemblata anche i suoi coetanei, Corto fu vittima di
discriminazioni continue, venendo escluso da ambienti e situazioni che lo
avevano visto incontrastato protagonista per molto tempo. Di lampante in questo
processo di formazione caratteriale c’è che la generazione alla quale
appartenevano gli amici del Cometa erano stata indottrinata e ammorbata dalle
influenze di famiglie discendenti da una razza particolare: la razza dei benpensanti.
Nonostante ci
tenesse a mostrarsi in pubblico come un ragazzo dal carattere solido e
tetragono agli assalti alla sua
sensibilità, questa estromissione dalla società lo stroncò. Solo, poco stimato,
senza più un solo amico con il quale parlare, incompreso da genitori mediocri e
bigotti, finito l’ultimo anno di liceo si gettò a capofitto nell’alcol. Divenne
capace di scolarsi in un giorno – lui che aveva comunque avuto trascorsi
dionisiaci già dai dodici anni – ben sei confezioni da sei di birra e anche
quando era ubriaco marcio non vomitava mai. Nel giro di due anni il suo stomaco
assunse proporzioni abnormi; Cometa assomigliava sempre più a un fenomeno da
baraccone senza avere ancora compiuto vent’anni. Ottenne una pensione di
invalidità e i suoi due vecchi lo cacciarono presto di casa. Andò a vivere in
un appartamento comunale alla periferia di Ferrara.
Una sera, mentre
dormiva di un profondo sonno etilico, venne svegliato improvvisamente da uno
strano rumore proveniente proprio dal suo stomaco; un crescente gorgoglio
accompagnato da frequenti e dolorose fitte lo spinsero a recarsi immediatamente
al Pronto Soccorso. Qui, dopo essere stato visitato da una equipe di medici,
venne subito trasferito con urgenza all’ospedale Maggiore di Bologna e isolato
in una particolare stanza, immensa, disadorna e asettica: al suo interno si
respirava un’atmosfera irreale con quell’unico letto sistemato al centro di
essa sul quale Corto si svegliò sei giorni dopo il ricovero, sei lunghi giorni
di coma vigile; era pieno di tubi e aghi che gli ricoprivano per intero
l’immane stomaco. Un medico entrò.
“Salve signor
Cometa. Io sono il dottor Pallante, come sta? Ha passato giorni migliori vero?
Le spiego subito come mai lei si trova qui nel nuovissimo reparto “Casi Rari
& Sindromi Sconosciute” dell’ospedale Maggiore di Bologna. Ebbene… lei è un
Caso Raro di meteorismo nucleare. Ciò significa che se dovesse innescarsi
all’interno del suo stomaco un processo metabolico che noi definiamo scissione
flatulenzo-molecolare, basterebbe che lei si facesse scappare anche una sola e
leggera emissione di aria dal deretano per radere al suolo un’area con una
superficie pari a quella dell’intera Scandinavia, con conseguenze catastrofiche
per il mondo intero.”
“Ma… c’è una cura?”
domandò ancora frastornato Corto.
“Beh, una cura
c’è e le probabilità di guarigione rasentano il cento per cento. Purtroppo non la si conosceva dieci anni fa quando fu
scoperto in America il primo caso di meteorismo nucleare. Allora, un texano di
quarantasette anni venne rapito dall’FBI e fatto esplodere nel deserto del
Nevada. Fortunatamente era un caso molto meno grave del suo, altrimenti avrebbe
causato un disastro mondiale. Oggi invece si può tranquillamente guarire;
innanzi tutto non dovrà mai più bere birra o altri alcolici, poi le verrà
proibito fumare e dovrà attenersi alle regole di una dieta rigidissima.” Corto
iniziò a sentirsi depresso. “Non potrà più masturbarsi o fare sesso, perché c’è
il rischio che l’eccitazione faccia scattare il processo che le ho spiegato
poc’anzi: farmaci inibitori della libido la aiuteranno a questo scopo.”
Il giovane provò a
convincersi che era tutto un sogno ma si rese presto conto che così non era. Entrò un sacerdote.
“Salve don
Luigi” disse il dottor Pallante, “questo è il signor Corto Cometa… Corto, don
Luigi. Ora il nostro caro don le spiegherà la seconda parte, diciamo così,
della cura a cui dovrà sottoporsi.”
Corto pensò allora di essere ubriaco, più ubriaco di
quanto non fosse mai stato, e che probabilmente era così che si manifestava il
delirium tremens. Il sacerdote attaccò con la sua ieratica allocuzione.
“Carissimo
Corto, se vorrai guarire da questo terribile male, male che potrebbe tramutarsi
in un flagello per l’umanità, dovrai seguire scrupolosamente alcuni consigli
che ora ti darò, oltre a quelli che già ti ha enucleato il professor Pallante.
Dunque, per prima cosa dovrai convertirti al Credo Cristiano Cattolico. Dovrai
seguire per filo e per segno gli insegnamenti di Iddio nostro Signore, poi una
volta compiuta questa metamorfosi spirituale, dovrai trovarti un lavoro fisso;
a quel punto, come ti confermerà anche il professore, potrai, anzi dovrai
sposarti e ricominciare a fare sesso, ma solo con tua moglie chiaramente ed
esclusivamente a fini procreativi. Avrai dei figli e sarai obbligato a
crescerli nel modo giusto, insegnando loro la Retta Via …”
A questo punto
Corto non ascoltò più nessuna parola. Udì solo suoni indistinguibili che
uscivano dalle bocche di due orrende creature con le facce troppo grandi e gli
occhi, le orecchie, la bocca e il naso troppo piccoli per poter essere umani.
Si riprese da questo stato confusionale psichedelico quando il dottor Pallante
disse:
“Allora siamo
d’accordo signor Cometa? Domani verrà dimesso. E’ molto importante che non
mangi niente per i primi sette otto giorni (verrà alimentato con speciali
pillole energizzanti) e che tenga quell’occlusore anale che le è stato
applicato ben sigillato per altrettanto tempo. Mi raccomando! Passata la prima
settimana, la fase di pericolosità massima potrà dirsi scongiurata e la
scissione categoricamente esclusa se seguirà le regole, soprattutto quelle
enumerate da don Luigi per il suo futuro. Dovrà obbligatoriamente seguirle,
capisce? Non possiamo permetterci di rischiare che non lo faccia, per cui per
maggior sicurezza sarà controllato a vista notte e giorno da due medici e
quattro agenti di polizia. Sa, anche il Capo dello Stato è a conoscenza del suo
caso così delicato.”
Il giorno dopo,
giorno del suo rilascio, Corto rassicurò don Luigi, Pallante e tutti gli
scienziati presenti che avrebbe fatto tutto ciò che gli avevano detto,
dopodiché venne scortato a casa su un blindato della polizia. Una volta giunto
nel suo appartamento, sorvegliato da medici e poliziotti, si recò in camera da
letto, accese il computer e scrisse le seguenti parole:
Mi osservano tutti preoccupati e perplessi.
Probabilmente si staranno chiedendo cosa sto scrivendo: almeno un minimo di
privacy me lo concedono. Già, cosa starò mai scrivendo? Con una semplice
scoreggia potrei cancellare dalla faccia della terra loro e milioni di inutili
e deleteri esseri parlanti, non me ne importerebbe poi molto visto che comunque
vada sono già morto. Nubi si addensano sul mio futuro e su quello dell’umanità,
proprio mentre io divengo l’uomo più temuto (e quindi più potente) del mondo
dopo essere stato schernito e messo in croce. Non me ne importa nulla, non
cerco rivincite, non riesco proprio più a vivere in questa società medievale,
controllato, comandato e incanalato in un tunnel lungo e probabilmente senza
uscita. Sarei anche pronto a togliermi subito questo, come si chiama?,
occlusore anale (vedeste le facce che hanno fatto i miei “controllori” quando
prima ho finto di staccarlo!), ma ci sono persone che non meritano di essere
relegate nell’oblio senza avere avuto un’altra chance dalla vita: prostitute
che battono tutte le notti per non essere massacrate da papponi senza scrupoli,
omosessuali e transessuali che devono lottare ogni giorno per la loro dignità e
identità di esseri umani, reietti, barboni, uomini soli, bambini derubati della
propria infanzia, gente che ha avuto il destino straziato dai Comandanti della
terra, gli ultimi, quelli che ancora sognano di vivere e non solo di
sopravvivere, ecc; tutti costoro meritano di avere una speranza. A loro io
lascio la SPERANZA.
Domani informerò le più alte
autorità mondiali (cariche religiose, capi di stato, sfruttatori vari…) che
desidero incondizionatamente organizzare un summit nel bel mezzo del Pacifico
al massimo entro due giorni, per parlare di questioni politiche, morali…
insomma, una scusa vale l’altra. Sì sì, faremo una bella crociera e tutti
accetteranno perché non hanno altra scelta, forte come sono della mia minaccia.
Non possono neppure farmi fuori altrimenti esploderei come un’atomica; ho solo
pochi giorni per compiere il Giudizio Universale, poi la mia pancia comincerà a
sgonfiarsi e con essa la mia pericolosità. Quando ci troveremo tutti nel bel
mezzo dell’oceano, PRRRAAAH!, mi toglierò il tappo dalle chiappe e la leggenda
di Petoman potrà avere inizio. Per qualcuno diventerò un eroe, un supereroe,
anche se forse le cose non cambieranno molto per chi rimarrà. Almeno avrò dato
loro la possibilità di avere SPERANZA. Ora mi congedo, felice di aver trovato
la risposta, la risposta che soffia nel vento.
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