MOSCHE
Laura si stava godendo una tiepida giornata di fine maggio
sotto il sole, nella sua villetta al mare di San Cataldo, a pochi chilometri da
Lecce. Si abbronzava in topless, esibendo un corpo sinuoso e particolarmente
eccitante ai pochi passanti che avessero più o meno casualmente buttato lo
sguardo oltre le sbarre di ferro del cancello che dava sul giardino.
Era venerdì pomeriggio e Laura rilassava le
sue grazie nell’attesa che venisse sera. Aveva infatti organizzato un party tra
amici, lì nella villetta acquistata pochi anni addietro dal padre, personaggio
legato ad ambienti malavitosi ma dalla facciata più che rispettabile, sindaco
di Lecce da due mandati.
Per quella sera erano attesi Corinna,
Fulvio, Mario, Manuele, Francesca, Cosimo, Antonio e Piero, il ragazzo di Laura.
Piero sarebbe arrivato a momenti, portando con sé una scorta di cocaina tale da
ricoprire di dune l’intero giardino, quel giardino in cui ora la ragazza
giaceva supina e sorridente.
Ad un tratto Laura sentì un formicolio sul
capezzolo destro: c’era una mosca che sgambettava allegramente. La scacciò con
la mano, ma dopo pochi istanti tornò a posizionarsi nello stesso punto. La
ragazza ripeté il gesto e la mosca volò via andando a posarsi sulla coscia
sinistra. Con un impercettibile movimento di gamba la fece volar via
nuovamente. L’importuna mosca continuò a tormentarla per diversi minuti, fino a
quando, esasperata, decise di rientrare in casa a fumare una sigaretta di
marijuana.
Quando ritornò alla sdraio le mosche erano
almeno cinque. Una le si posò vicino all’ombelico e quando Laura alzò la testa
per guardarla le parve che quel minuscolo insetto la stesse fissando divertito.
Pensò che la marijuana stava distorcendo le percezioni. Chiuse gli occhi.
Quando li riaprì c’erano cinque mosche che suggevano avidamente attaccate al
capezzolo destro e altre sette o otto a quello sinistro. Un piccolo sciame
svolazzava e si posava a turno sulla zona inguinale. Spaventata, Laura si alzò
in piedi sparpagliando il nugolo di ditteri.
“Che brutte allucinazioni mi dà sta canna”
disse ad alta voce tornando a rifugiarsi in casa.
Bevve un sorso d’acqua dal rubinetto, si
sciacquò la faccia e tornò in giardino. Di mosche pareva non esserci più
traccia, così la giovane si coricò di nuovo nell’attesa di veder comparire
Piero.
Trascorsero alcuni minuti e le mosche
tornarono all’assalto. Ora erano almeno una trentina che sparse su tutto il
corpo le succhiavano il velo di sudore. Laura si persuase che non era
un’allucinazione e scappò in casa con l’intenzione di rimanerci, ma le mosche
la seguirono. Per scacciarle fece un movimento scoordinato e andò ad inciampare
nel tappeto indiano sbattendo la testa sullo spigolo del tavolino. Svenne.
Mezz’ora più tardi Piero suonò al campanello.
Vedendo la porta dell’ingresso aperta e Laura che non rispondeva scavalcò le
inferiate ed entrò. La ragazza era distesa sul tappeto completamente nuda, le
mutande appallottolate in un angolo della sala. Piero le si avvicinò e le tastò
il polso: era morta.
Il giorno dopo i giornali locali e
nazionali, nonché i notiziari televisivi annunciarono che una ragazza della
Lecce bene era stata violentata e uccisa nella sua villetta di San Cataldo. I
violentatori, che non avevano lasciato traccia alcuna, dovevano essere almeno
una quindicina.
“Forse si tratta di una vendetta nei
confronti del padre, sindaco di Lecce. E’ probabile che la Sacra Corona Unita
gli abbia voluto far pagare la sua cristallina condotta di amministratore
locale” disse il conduttore di un tg nazionale, mentre una mosca burlona gli si
infilava in un orecchio facendogli compiere spassosissime evoluzioni in
diretta.
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