Non posso nasconderlo: questo racconto è fortemente influenzato dalla lettura di "Paura e disgusto a Las Vegas", il libro di Hunter S. Thompson da cui è tratto il forse più noto film con Johnny Depp e Benicio Del Toro. All'epoca, quando lo scrissi, provavo anche una forte attrazione per la beat generation e una certa cultura americana; se a questo aggiungiamo che vivevo un periodo di grande irrequietezza (con annessa un'estrema voglia di fuga) e non disdegnavo l'assunzione di qualche droghetta, ecco che salta fuori il polpettone che potete leggere qui di seguito.
SBRONZE ROAD
Squillò il
telefono mentre con la Magnum
stavo mirando al poster con il volto di un Timothy Leary devastato dalla
vecchiaia e dall’lsd appesa al muro di fronte a me.
“Bud! Ho fatto
tutto: prenotazione volo, biglietti, un itinerario approssimativo… vai che tra
poco si parte!” mi riferì dall’altro capo del filo Weiser.
Dopo anni di duro lavoro senza via d’uscita
alla “Melotti Metalmeccanica” , il coast to coast programmato negli States era sicuramente tutt’altra cosa rispetto al
clic finale spesso fantasticato; valeva proprio la pena spendere ogni risorsa
economica, fisica e mentale prima di giungere ad una conscia e affascinante ripartenza.
Io e Weiser
abbiamo lavorato nella stessa lurida fabbrica per più di dieci anni e nel tempo
ci siamo legati in uno strano rapporto simbiotico, a tratti ambiguo agli occhi
degli altri colleghi e amici. Quando gli proposi l’idea del viaggio on the road
negli USA ci bastò uno sguardo per intenderci sul meraviglioso epilogo che
avrebbero avuto queste ferie. Non è facile da spiegare (e neanche ci tengo) ma
io e il mio compagno AVEVAMO CAPITO.
Siamo così
partiti da Milano destinazione New York. Giunti nella Grande Mela ci siamo
imbarcati su un volo per Los Angeles: volevamo compiere l’attraversata da ovest
a est, facendo prima qualche fermata nei luoghi e nelle città della California
che mi avevano da sempre incuriosito per essere stati fonte di ispirazione di
grandi autori del passato come Fante, Henry Miller, Bukowski, Kerouac: Bunker
hill, Big Sur, San Francisco furono alcune tappe.
Percorremmo le
pionieristiche strade americane un po’ in autostop, un po’ in Greyhound e un
po’ in treno; noleggiammo anche un paio di automobili e delle moto. Viaggiammo
per l’immenso sogno americano attraverso Salt Lake City, Denver, Des Moines,
Chicago, Cleveland, fino a Nuova York. Impiegammo un mese per fare tutta quella
strada, sostando a volte in squallidi motel, a volte in lussuosi alberghi, o
fermandoci in certe occasioni a passare le notti all’addiaccio; finché non siamo
giunti al grande giorno, oggi!
Prima di partire
da San Francisco avevamo fatto una scorta di birra, vino e whisky non
indifferente e avevamo speso il totale di ben tre stipendi a testa della
“Melotti Metalmeccanica” per acquistare cocaina, lsd, funghi allucinogeni,
marijuana, extasy, popper ed eroina.
“Grazie Hunter
Thompson!” gridai al cielo prima di chiudere tutto quel ben di dio in una
insospettabile sacca da turista italiano itinerante.
Abbiamo provato
emozioni ed esperienze nuove in quest’ultimo mese. Ad Austin, nel Nevada,
facemmo un’incredibile orgia con dieci prostitute in una piccola pensioncina
caratteristica degli Anni Cinquanta; a Davenport, al confine tra Iowa e
Illinois, osammo l’adrenalinica sensazione di rapinare un minuscolo supermercato.
Per l’occasione avevamo comprato passamontagna e pistole giocattolo e tutto
filò liscio. Regalammo poi i novecento dollari del bottino ad alcuni barboni di
Chicago.
Sempre a Chicago
rischiammo di finire anzitempo la nostra avventura. Sulle rive del lago
Michigan io e Weiser stavamo passeggiando tranquillamente; il problema era che
eravamo completamente nudi, nonché strasaturi di alcol. Passammo un’intera
giornata in carcere, poi, un ufficiale di polizia magnanimo ci rilasciò,
pensando forse che eravamo due semplici stupidotti italiani goliardici.
A Cleveland
compimmo la pazzia più grossa di tutto il viaggio. Ci imbattemmo qui in una ben
organizzata manifestazione del Ku Klux Klan. Non c’erano molti partecipanti, ma
il servizio d’ordine era imponente. Mischiati tra il folto gruppo di
contestatori antirazzisti, assai più consistente di quello dei simpatizzanti
xenofobi, lanciammo due bottiglie molotov, una delle quali centrò in pieno viso
il guru del KKK ustionandolo gravemente. Dal parapiglia che scaturì
conseguentemente, riuscimmo a defilarci senza problemi.
In una lugubre
cittadina della Pennsylvania, il cui nome ora mi sfugge, esaurimmo la scorta di
droghe. Ci trovavamo in un desolato motel e Weiser sembrava ridotto proprio
male. Durante la notte si era svegliato in preda al panico: aveva assoluto
bisogno di eroina ma l’ultima pera me l’ero fatta io qualche ora prima, così
uscì di casa e rientrò due ore più tardi insieme ad una prostituta di colore e
con una nuova carica di ero nelle vene. Fottemmo la ragazza uno alla volta,
dopodiché la liquidammo con il triplo di denaro che ci aveva chiesto per la
prestazione. Ci ringraziò con un pompino extra.
Questa sera, la sera del trenta agosto, siamo giunti alla
meta. Siamo a New York . Abbiamo
affittato la suite più lussuosa di un noto hotel della città e non appena siamo
entrati nella stanza 2025 io e Weiser ci siamo guardati negli occhi.
“Ci siamo” ho
detto io con voce strozzata dall’emozione.
“E’ stato
bellissimo Bud!” è intervenuto l’amico, “ABBIAMO CAPITO, non è vero?”
“Sì Weiser. E’ ora
di festeggiare. Siamo alla FINE.”
Ci siamo scolati
le tre birre rimasteci e l’ultima bottiglia di whisky lasciandoci blandire dal
tramonto che sfumava i colori come in una cartolina e si apprestava a mischiare
ad esso due anime finalmente emancipate dal dominio della Materia. Weiser mi ha
preso le mani e mi ha baciato. Abbiamo fatto l’amore una, due, tre, quattro
volte. Mentre dorme qui accanto di un sonno rilassato ho deciso di buttar
giù queste righe; per chi o per cosa non lo so, però dovevo farlo.
L’ho svegliato; fuori già comincia ad albeggiare. Ci siamo rivestiti, ho messo in tasca
questi fogli e ora saliremo sul tetto dell’edificio, al ventesimo piano.
Prima di far calare il sipario vorrei solo dire agli
amici, ai conoscenti, a chi rimane e leggerà il resoconto del Grande Epilogo,
che mentre mano nella mano stiamo osservando i minuscoli uomini che da poco
svegli si stanno accingendo ad iniziare, laggiù, una nuova giornata nel mondo
dei vivi, Bud e Weiser si stanno sbellicando dalle risate come due pazzi. Ormai
come due angeli.
Nessun commento:
Posta un commento