giovedì 15 dicembre 2011

LA NOTTE DEI PORCI

Si parte! Il primo racconto che "appendo" sulle pareti di questa nuova casa è "La notte dei porci", con il quale vinsi un concorsino qualche anno fa. Il valore alle storie non lo danno i premi, però questo breve scritto datato 2006 qualcosa di valido lo possiede. Almeno per me.


LA NOTTE DEI PORCI

Castellino già! Proprio il paese di Castellino, provincia di Boccasorata. Quello salito alla ribalta delle cronache nazionali per essere stato teatro, nel 1994, di una misteriosa moria di maiali. Se ben ricordate l’argomento tenne banco per settimane, offuscando persino la condanna all’ergastolo di Pietro Pacciani, decisa il primo novembre di quell’anno. Settecentocinquantadue suini appartenenti a due norcinerie e qualche altra decina di capi allevati da singoli contadini, per un totale di ottocentoquindici maiali, vennero trovati morti in una nebbiosa mattina del giorno di ognissanti. Giorni, poi settimane, poi mesi di indagini svolte dai più grandi scienziati e veterinari mondiali non seppero trovare una risposta. Saltò fuori qualche strampalata ipotesi, tipo il passaggio di alieni o un micidiale virus propagatosi e autoestintosi nel giro di poche ore, ma ancora oggi “la notte dei porci”, così come venne ribattezzata, non ha spiegazione.
    Ed è proprio a Castellino che, esattamente undici anni dopo, troviamo Cico seduto ad una scrivania in un piccolo studio circondato da scaffali colmi di libri. Cico sta scrivendo qualcosa sul suo notebook, è tardi, siamo nella notte tra il trentuno ottobre e il primo novembre. Il suo lavoro viene interrotto da una chiamata al cellulare; sullo schermo appare il nome di Buco.
    “Pronto!?” esclama sorpreso, vista anche l’ora, Cico.
    “Cico dove sei Cico?” fa Buco tutto gasato.
    “Dove vuoi che sia Buco, sono a casa. Sono le due di notte. Vabbè che domani è festa ma domattina vado a Casaldelbalengo a presentare il mio nuovo libro, “Il teorema di Siffredi”.”
    “E’ vero, me ne ero dimenticato. Comunque… ti ho chiamato perché io, Librido, Glande e Arafat siamo stati a cena a festeggiare il mio compleanno e volevamo…”
    “Ah già, è il tuo compleanno oggi. Auguri Buco!”
    “Non ti ho invitato perché so che sei a dieta…”
    “Veramente non più, ma non ti preoccupare, non mi sono offeso.”
    “E adesso come va la tua ulcera?”
    “Diciamo che si è stabilizzata.”
    “Senti Cico, io e i ragazzi siamo qui a due passi da casa tua e stiamo andando a chiudere la serata al Cubanita. Volevamo appunto sentire se ti andava di fare un salto a vedere due gnocche.”
    A questo punto Cico fa una breve pausa, durante la quale pensa a cento cose: al livello alcolico di Buco e degli altri, che deve sicuramente essere molto elevato; al fatto che da un po’ gli amici lo hanno messo da parte, da quando cioè due anni prima ha pubblicato “Dio è morto. Di overdose”, una sofferta confessione sull’ipocrisia e l’ottusità del microcosmo paesano di Castellino; alla sua ulcera che in realtà non si è stabilizzata ma è diventato un tumore allo stomaco; ai dieci – quindici mesi che gli restano da vivere; alla presentazione a Casaldelbalengo l’indomani mattina; alla possibilità di seguirli al Cubanita…
    “Pronto Cico, ci sei?”
    “Sì, sì ci sono.”
    “Allora che fai? Vieni?”
    “Ma sì va’! Ho bisogno di spegnere un attimo il cervello. E poi non stavo facendo… niente di importante, stavo… solo scrivendo.”
    Così Cico spegne il notebook e scende in strada. Sale sulla macchina di Buco e insieme ai quattro amici si dirige al nightclub Cubanita. Qui assiste a un paio di spettacoli hard sorseggiando un redbull. La mente però non è lì, si estrania, è focalizzata su ciò che stava scrivendo sul notebook e che si ripromette di riprendere tra due giorni, di ritorno da Casaldelbalengo. Attende che gli amici si diano il cambio nel privè dove la procace Babuska soddisfa le loro voglie ataviche, che per amor del vero significano un bocchino di buon compleanno a Buco, un altro pompino a testa a Librido e Glande e, causa bolletta, una strusciata sul pacco di Arafat.
    Dopo un’oretta e mezza riaccompagnano a casa Cico. Sono da poco passate le quattro di mattina quando riaccende il notebook per dare una controllata a quello che stava scrivendo. Tra tre ore la sveglia suonerà, pensa mentre il computer si carica. Con lo schermo acceso davanti agli occhi clicca sull’icona “anima” e passato qualche secondo lo sgomento lo assale. Il documento è stato cancellato. Controlla anche gli altri documenti: racconti, saggi, articoli, poesie. Tutto sparito.
    “Un virus!” pensa Cico. “Un maledettissimo virus ha cancellato il lavoro di anni.”
    Per fortuna i racconti, i saggi, gli articoli e le poesie erano stati preventivamente salvati su cd o stampati ma “anima”… Lo sgomento si trasforma in disperazione; il documento “anima” è perso per sempre. Lo stomaco prende a tormentarlo con crampi insopportabili. Ingoia un mix di pastiglie accompagnate da un denso sciroppo bluastro, ma il dolore non si placa. La disperazione raggiunge l’acme e Cico comincia a piangere; a nulla serve l’effetto di un sonnifero mischiato alle pastiglie. Arrivano le sette e Cico parte per Casaldelbalengo accompagnato da un amico editore. Il viaggio in macchina è lungo e Cico è stravolto per la stanchezza e la delusione, ma la presentazione de “Il teorema di Siffredi” è un successo, riesce addirittura a vendere dodici copie del libro a dodici dei quarantadue presenti alla Libreria del Corso.
    Per una curiosa coincidenza del destino Cico morirà all’ospedale di Porto Pitale nella notte tra il trentuno ottobre e il primo novembre  dell’anno 2006, esattamente dodici anni dopo il genocidio di maiali di Castellino e un anno dopo la cancellazione del documento “anima” dal notebook. Cosa ci fosse scritto in quel documento non lo sapremo mai. L’unica considerazione che possiamo “cavar fuori” da questo breve racconto è che la vita è una gran maialata, e tutto finirà nel mistero, proprio come nella “notte dei porci”.


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